I nostri consigli
Mondadori
Pagine 104
Euro 16,00
Come è possibile che dal lontano 1976, suo anno di esordio, Milo De Angelis sia subito salito sul gradino principale dei poeti viventi e ancor oggi, a distanza di decenni, sia sempre lì, inscalfibile? Si potrebbe pensare che qualcosa non quadra; pubblichi il tuo primo libro a poco più di vent’anni e poi ne passano altri quarantacinque e sempre lì ti trovi, inarrivabile, imperscrutabile. Unico. Mi sono interrogato più volte sul segreto di Milo: perché i tempi cambiano e la sua poesia permane in bilico sul sottile piacere di leggerla? Cosa bolle perennemente dentro quei versi che ammaliano? E come ha fatto a scrivere ininterrottamente per decenni senza che si abbassasse la tensione delle sue parole? Sono arrivato alla conclusione che De Angelis non vive nel nostro tempo; cioè, è con noi, va in giro, chi lo conosce lo scorge, lo ascolta leggere le sue parole con quella voce che sembra venir fuori dal periscopio di un sommergibile però lui ha vissuto - o vivrà - in altre epoche, e le sentenze che mette insieme “il sangue non è un luogo della terra, ma una pittura” - scrive in Somiglianze – non sono sufficienti a dirci dove cercarlo. “Linea intera, linea spezzata” è il titolo del suo ultimo libro, e chi ama i King, l’antico libro divinatorio cinese, si sarà catapultato a comprarlo. Perché anche chi non legge abitualmente poesia viene drogato dai versi di Milo, che forse non sono neanche del tutto poesie ma associazioni arcaiche di pensieri nati ai tempi delle caverne, oppure stalagmiti nel momento in cui propongono alle stalattiti di unirsi. I suoi versi, infatti, hanno a che fare con la natura tanto quanto un vasetto di terra accoglie un seme qualsiasi e lo fa spuntare. Per questo, evidentemente, scrive “l’isola sarà guardata nella sua bellezza, non importa se da noi o da altri” (Somiglianze). Intendiamoci, uno che arriva a concepire un passaggio del genere: In noi giungerà l’universo, quel silenzio frontale dove eravamo già stati (Millimetri) è parente forse di Leopardi e di Rimbaud, però noi quei poeti abbiamo iniziato a leggerli quando non c’erano più e invece lui la vive la nostra vita, ci è a fianco, forse per farci capire che, come avvisa “dentro questo alfabeto, che tra qualche secolo forse non esisterà più, noi custodiamo ciò che di più caro e insostituibile ci è stato dato. Strano paradosso della poesia: puntare alla permanenza e farlo con i mezzi più poveri e antichi e indifesi: fuori dall’attualità, fuori dal commercio, fuori dall’economia, fuori da tutto, a volte anche fuori da sé stessi, se noi scriviamo con una parte di noi che non conosciamo interamente, che è nostra e non è nostra, che scaturisce da una zona oscura e segreta anche per noi".
Quando incontro persone ansiose, stanche, che non trovano più piacere nella fruizione del pensiero altrui, propongo sempre la lettura di Milo De Angelis perché si può leggere senza dover arrivare alle radici della pianta che abbiamo davanti, ci basta quel fogliame in movimento che parla di quello che “non conosciamo interamente” ma capiamo a pelle, aggiungo io, ed è così che attraversare un libro di De Angelis è come concedersi una pausa rigenerante, un attimo fuori dal tempo, un viaggio profondissimo, indimenticabile e senza tempo . Forse “dove eravamo già stati”.
di Marco Mottolese
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Aggiornato il: 29/03/2022 11:17:33